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Quando l’agricoltura
si fa coraggiosa

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Quando l’agricoltura
si fa coraggiosa

Grazie a uno scasso memorabile la Vigna della Cipressa è una scommessa raccolta e vinta. Oggi ospita il Pugnitello, particolare varietà autoctona della Toscana di cui Pieve di Campoli sarà presto, con un’etichetta dedicata, una delle poche imbottigliatrici

Si chiama Vigna della Cipressa ed è una meraviglia per gli occhi e un orgoglio per chi si intende un po’ di uva e di vino. Parte dell’impianto risalente al 2005 vede la presenza del Pugnitello, un’antica varietà autoctona, per lungo tempo dimenticata e poi riscoperta e valorizzata nel 1987 dall’Università di Firenze. Sono poche le aziende che vantano la presenza di questo vitigno e per Pieve di Campoli è una soddisfazione averlo piantato. Il Pugnitello è chiamato così perché caratterizzato da grappoli piccoli che possono essere contenuti nel pugno di una mano. Come il Sangiovese ha la capacità di cogliere le specificità del territorio, la sua mineralità e le peculiarità pedoclimatiche. Molto presto uscirà un’etichetta dedicata al Pugnitello e questa è un’altra tappa, un altro passo verso la crescita di Pieve di Campoli.

La Vigna della Cipressa ospita il Pugnitello,
un vanto per Pieve
di Campoli

In agricoltura non esiste risultato senza sacrificio, senza anni di silenzioso lavoro. E il traguardo della Vigna della Cipressa è un po’ la prova di questa regola universale. Un tempo l’area in cui oggi dimora il Pugnitello era abbandonata a se stessa. Comprendeva circa sette, otto ettari di terreno che con la loro potenzialità scatenavano nei fattori e negli operai di Pieve di Campoli pensieri contrastanti. Da una parte il desiderio di intervenire per mettere a coltura quello spazio e dare una spinta alla produzione che iniziava a fare i conti con il declino di alcune delle vigne ereditate. Dall’altra invece la paura di vedere i propri sforzi incompiuti, di investire senza la certezza di un riscontro positivo. Dopo diverse valutazioni si decise di rischiare perché l’occasione era irripetibile, rappresentando la possibilità di sopperire parzialmente alla frammentarietà dei terreni che costituivano l’azienda. I nuovi impianti infatti sarebbero stati vicini a Cortine dove tuttora risiede la cantina e la bottaia.

Nel 2004 iniziarono i lavori di scasso della collina e da subito fu chiaro che non sarebbe stata una passeggiata. Il terreno si rivelò poco generoso con metri cubi di materiale lapideo disseminato un po’ ovunque. Sassi, sassi e ancora sassi costrinsero a un lavoro a rilento, a una frustrazione quotidiana che in alcuni momenti sfociò anche in picchi di disperazione dove l’unica soluzione sensata sembrava quella di lasciare perdere. Ma non andò così. Si continuò a lavorare e furono giorni di agricoltura coraggiosa e quasi eroica, con i trattoristi impegnati a disossare la terra metro per metro. “Fu un periodo durissimo – racconta Fabio Serotti, responsabile Immobili e Terreni agricoli dell’Istituto Diocesano per il sostentamento del Clero che al tempo seguì i lavori – ogni giorno sorgevano dubbi, problemi e i lavori sembravano doversi dilungare all’infinito. L’intuizione però si rivelò giusta e alla fine il faticoso lavoro venne ripagato con la presenza di 8 ettari di impianto situati in prossimità della cantina e della bottaia, una vicinanza che in una logica economica e produttiva rappresenta un grande vantaggio strategico per l’azienda agricola”.

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